Benedetto XV i 100 anni della: “ai capi dei popoli belligeranti”
Giusto 100 anni fa, era il primo agosto del 1917, papa Benedetto XV scrisse la lettera “ai capi dei popoli belligeranti”. Il mondo era nel pieno del disastro causato dalla Grande Guerra ed il pontefice scrisse questo intervento per cercare di arrivare “quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage”. Una frase di drammatica attualità anche oggi, purtroppo. Nella sua nota il pontefice poneva, tra i moniti e quesiti: “l’Europa, così gloriosa e fiorente, correrà, quasi travolta da una follia universale, all’abisso, incontro ad un vero e proprio suicidio?”. Il Papa in quegli anni di guerra si era speso in molte occasioni, tentando anche in modo riservato, di trovare una strada perchè si fermasse la “terribile bufera”. Per fare questo, nella sua lettera, volle “discendere a proposte più concrete e pratiche” invitando “i governi dei popoli belligeranti” ad accordarsi su alcuni punti “che sembrano dover essere i capisaldi di una pace giusta e duratura”, lasciando ai medesimi governi di “precisarli e completarli”. “Il punto fondamentale – scriveva Benedetto XV – deve essere che sottentri alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto. Quindi un giusto accordo di tutti nella diminuzione simultanea e reciproca degli armamenti secondo norme e garanzie da stabilire, nella misura necessaria e sufficiente al mantenimento dell’ordine pubblico nei singoli Stati; e, in sostituzione delle armi, l’istituto dell’arbitrato con la sua alta funzione pacificatrice, secondo e norme da concertare e la sanzione da convenire contro lo Stato che ricusasse o di sottoporre le questioni internazionali all’arbitro o di accettarne la decisione. Stabilito così l’impero del diritto, si tolga ogni ostacolo alle vie di comunicazione dei popoli con la vera libertà e comunanza dei mari: il che, mentre eliminerebbe molteplici cause di conflitto, aprirebbe a tutti nuove fonti di prosperità e di progresso”.
In una nota pubblicata dall’agenzia SIR in occasione del centenario della nota papale, il presidente di Pax-Christi mons. Giovanni Ricchiuti, ha scritto: “Dovremmo imparare, dalla ‘inutile strage’, a considerare stupidità e follia la guerra, ogni guerra. A scrivere, finalmente, nella Chiesa una teologia della pace, a partire dal Vangelo, dalle fonti magisteriali, dal cammino silenzioso e imponente del popolo della pace, da progetti educativi alla pace e dalla denuncia coraggiosa del commercio delle armi” ed aggiungendo Non esiste una ‘grande’ o ‘piccola’ guerra, ogni guerra è ‘inutile strage’, inutile, cioè dannosa per tutti. Perché quando parli di guerra, grande o piccola che sia stata o lo sia tutt’ora – spiega mons. Ricchiuti -, ne parli sempre per piangere i giovani soldati che sono morti e pensare ai feriti e ai mutilati, ai genitori rimasti senza figli, alle vedove e agli orfani. Ai cumuli spaventosi di macerie materiali e morali”.